Io volevo solo scrivere storie

Danila Giancipoli
4 min readMar 29, 2022

Anniversari dei traumi, poeti e polaroid.

Ci sono anniversari intrisi di una strana e lontana violenza. Dovrebbero servire a ricordare l’amore che uno è stato capace di ricevere, e quello che vorrebbe dare. Se fossimo tutti perfetti, e capaci, sarebbe un mondo molto diverso. Il tempo non è mai stato tanto breve, e d’oro, le notti hanno un sapore fortunato, e i profili illuminati gridano vita. Pensavo ieri, che il mondo che conosco esiste forse, più sepolto, ma è difficile a vedersi. Pensavo che sono cresciuta con i poeti, e che ho voluto bene a Salinger quanto a Carver per quel modo assurdo di raccontare il dolore. Pensavo alle mie frasi sottolineate, all’eco che ho nella testa “una cosa bella è una gioia per sempre”, e ringrazio Keats per avermelo insegnato. Pensavo alle seicento sterline, e spero di non sbagliare, che bastavano a Virginia per una stanza tutta per sè. Che poi ora dormo dove mangio quindi più o meno credo che siamo lì. Pensavo che in fondo, volevo solo raccontare storie, ma oltre a non venirmi per niente bene ho sempre paura di non dire la cosa giusta. Come scrivere dei baci e delle carezze in un mondo che si nutre di distanza e timore. E per quello che dovrei essere grata spesso non lo sono, per quello che dovrei urlare al mondo, non lo urlo a sufficienza. Trovare le parole giuste è il mestiere più arduo che ci sia, credo. Perchè poi le persone ci credono, o si innamorano, e allora capite che è una grande responsabilità. Sto leggendo un libro che si intitola “Perchè amiamo”. Parla dell’esperienza di essere innamorati. Being in love. E sto guardando il documentario su Warhol che è appena uscito su Netflix. E mi viene voglia di fotografare qualsiasi cosa. Mi viene voglia di rifare cose, che a un certo punto si sono poco intrecciate con la vita. L’arte, non è mai stata abbastanza per nessuno. E c’è chi ha pure detto che fosse inutile. Dio mio, ma come può venirvi in mente? L’arte, sfogliare polaroid, ritagliare le foto delle performance di Gina Pane. Questi erano i miei vent’anni. Poi vi spiego, si prende la decisione di adattarsi, di adattarsi a questo bel mondo. Scrivi di sera, e di giorno fai altro. Ami quando puoi, perché il tempo non esiste più. Anzi, il tempo per amare diventa la briciola d’oro alla fine di un tunnel scavato con le mani nude, graffiandole, scorticandole. E mentre diventiamo molto adulti, nel senso che semplicemente gli anni passato, abbiamo delle cose da fare per forza. E dobbiamo pure lottare, per far sì che siano le cose ci piacciono. Ho sempre pensato che fosse una “nostra” responsabilità. Poi, onestamente, guardando le vite degli altri (che prevalentemente mi affascinano e amo), ho capito che è proprio il mondo ad essere così. E quello che è stato costruito, è la pista da ballo dove danziamo cercando di essere felici. Danza, danza, e danza. Nel frattempo è scesa la notte, lo schermo è l’unica cosa luminosa da qui a tanti chilometri. Con la coperta sulle gambe mi godo un’aria sporca nella periferia romana, ho qualche taglio sul cuore e un sacco di speranza poggiato perennemente sulle spalle. Sì, fine marzo è sempre un anniversario di violenza per me, ma mi ricorda la grande forza che si può avere nel non dimenticare. Se facessi tutto giusto mi piacerei pure di più, ma ho capito che non è possibile. L’errore è la cosa che mi ricorda di essere più umana di quello che stento a far credere, e chi sta là fuori può solo dirmi dove sbaglio o dove è possibile amarmi. E non ho paura ad ammettere che ho paura di tutto, ma davvero tutto, io che della paura ho fatto beffe sempre. Ho preso il binario della vita che mi ha riportato alle radici, amo una città che odiavo, amo un uomo che vorrei amare tutta la vita, amo le parole così tanto che spesso non le tocco. Per quanto possibile, il mondo dei poeti è ancora quella che preferisco, perchè hanno sempre avuto il coraggio di dire quello che gli altri non dicevano. E per quanto possibile, avrò sempre a cuore chi dell’arte inutile ha fatto la vita. Nel mio cuore avrei voluto fare come voi, ma non ne ho avuto le forze. Ho preferito la comodità delle notti e la loro sobrietà. Comunque, di raccontare storie c’è sempre tempo. Sono io, che della vita ho sempre avuto fretta, e che provo nostalgia per i treni mancati. Sono io che non ho accettato il cambiamento del mondo, l’aria che respiro nella mascherina e la follia che vedo accendendo la tv. Sono io, che non avevo capito la fragilità delle cose. Sono io che mi arrabbio. Tanto. Io che ho fatto dell’attesa un mestiere. Miracoli non esistono, e non c’è nessuna stella stasera. E non c’è violenza, ma solo amore. No, non c’è violenza, non qui. Qui abitano libri che dovrei leggere o rileggere. E forse adattarsi a questo mondo non è poi nemmeno tanto giusto, non se si vuole scrivere una storia decente e vederne il lieto fine. E’ diventato difficile quanto un best seller.

E’ semplicemente che la vita è diventata più concreta delle pagine, e si fa fatica a scegliere. Ma il punto è che, dobbiamo scegliere. Costantemente. Un giro di giostra che non si ferma mai.

--

--