Danila Giancipoli
4 min readDec 31, 2021

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Il mondo a digiuno, Joan Didion, la solitudine e l’amore.

Allo scoccare della mezzanotte brinderò da sola, ma c’è qualcosa di estremamente diverso in questa solitudine, stavolta. Ho la sensazione che qualcuno ci abbia lasciato navigare nel nostro buon senso, che qualcosa di estremamente disfunzionale abbia toccato le vite di ognuno di noi. Sì, siamo molto soli nell’affrontare un’emergenza che si era palesata come il lavoro di altri. La prospettiva, se così vogliamo definirla, di qualcosa di vagamente certo, si è dissolta. Siamo noi, le nostre persone, la nostra giornata, la briciola di coraggio che è avanzata dagli ultimi due anni. Siamo noi ed una strana forma di resilienza aiutata oggi sicuramente dal vino, dai buoni propositi, dalla linea di confine che separa un anno da un altro. Non c’è più niente che possiamo considerare scontato, abbiamo solo la responsabilità dei nostri affetti. Ed io, che ho da poco buttato una cena pronta per prepararne un’altra, ho un mezzo sorriso nascosto da qualche parte che se ne sta pronto per i momenti migliori. Io, che circondata di libri, candele e qualche souvenir della vita, ho scelto di non volermi far abbattere dall’ennesimo imprevisto. Bustine di zucchero, un occhio di ceramica, stelle di Natale, Pollock in prima linea, una foto di Valencia al mattino. Non sarà molto quello che ho di concreto, non saranno molti i metri quadri, i soldi, le certezze. Tutto quello che ho di più prezioso risiede nella memoria della mia pelle, nei sogni sbiaditi, nel futuro che provo ad alta voce a figurare. Tutto ciò che è prevedibile, ci coglie sempre di sorpresa in fondo. L’essere umano non smette di essere la falla di se stesso, e l’errore continua a perseverare malefico e recidivo. Non c’è una fine, o l’orizzonte di una fine, c’è solo un grande abisso e tutto ciò che possiamo investire per farci luce dall’interno. Come un grande tunnel umido, freddo e buio, lo attraversiamo con il lume di tutte le nostre ragioni, qualsiasi esse siano. L’amarezza che mi consuma risiede nelle radici, le persone che mi mancano sono comunque lontane a prescindere dai chilometri, e faccio promesse che spero di mantenere ma non ho più il controllo di ciò che sarà. E il controllo, è stata sempre l’ambizione della mia esistenza. Fallimentare, certo, ma pur sempre un’ancora a cui aggrapparmi seppur bagnata dalla peggiore tempesta. Forse qualche aspettativa l’ho delusa, forse potevo essere migliore, forse potevo piangere di meno, forse potevo essere più presente, forse ho scritto troppo poco, forse ho usato parole sbagliate nel momento più sbagliato. Ma ho sperimentato l’essere umano nel modo più viscerale e non me ne pento. Ho amato, ho cominciato ad amare, nel modo che ho sempre desiderato e che spaventa, e che tormenta, e che fa sentire vivi, e che nutre ogni fibra di me. Ho creduto, fermamente, che ci fossero cose di cui valeva la pena parlare, capire studiare. E mai come in questo momento sono convinta che il mondo abbia bisogno di voce, di arte e poesia. La carne e le ossa che ci compongono richiedono emozioni e storie. Forse ora non siamo capaci di darci tutto questo, resi fragili dall’incertezza e dalla vaghezza dei poteri più forti. Ma siamo pronti, teniamoci pronti, rendiamoci pronti, forti soldati e scudieri della fortezza del nostro tempo. Non è il nemmeno il tempo di Dio, e delle preghiere, mi sembra. E’ il tempo di ciò che riusciamo a far valere per quello che conta, e chi non sa pregare sa che tremare è normale. L’ignoto è la nostra costante e il cambiamento è la nostra migliore ambizione. Avrei voluto amici intorno a me, amore, e calici in aria. E risate, e racconti, e sensazioni, e una mano che incontra la mia per farmi sentire a casa. Avrei voluto prendere un treno per abbracciare chi per me è importante. Avrei voluto chiamare i miei genitori per dirgli sto arrivando. Avrei voluto un vestito troppo corto e un quartiere famigliare, per ricordarmi che casa è dov’è il cuore, pure se cambi città più volte, pure se hai perso dei pezzi e te ne penti. In sostanza, ci sono delle cose che vorrei e che necessitano di una dose massiccia di coraggio. Se il mondo è cambiato ed è stato lasciato nelle sagge mani di ognuno di noi, plasmiamo quantomeno torri indistruttibili per tutto ciò che verrà. L’abisso è mostruoso a guardarci dentro, ma è l’inizio di un’amicizia tanto sincera col passato, quanto con il futuro. Un brindisi a voi che ancora avete tante cose da dire, da condividere e da vivere. Ne abbiamo di cose da urlare, fidatevi, a gran voce, irrisolte, necessarie. Contro la violenza ed il male non necessario. A favore di un’unica verità vera, vivere. Vivere forte, a braccetto con la paura scalpitante, autori delle storie che un giorno varrà davvero la pena raccontare. Il nostro tempo muore di fame, a digiuno della parte migliori di ognuno di noi.

Cheers.

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